L'ALZHEIMER
COSA È LA MALATTIA DI ALZHEIMER E LE DEMENZE IN GENERALE?
La demenza è una malattia cronico degenerativa caratterizzata dalla progressione più o meno rapida del declino delle funzioni intellettive e comparsa di:
– deficit cognitivi che coinvolgono la memoria, l’attenzione, il linguaggio, l’orientamento spaziale, il ragionamento logico,
– disturbi del comportamento e della condotta come agitazione, disinibizione, apatia, euforia e insonnia e/o disturbi del pensiero e della percezione come deliri e allucinazioni, dell’umore come ansia e depressione,
– danno funzionale, con perdita dell’autonomia e della autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto.
La demenza è un quadro clinico che può comparire in diverse forme: Alzheimer, vascolare, frontotemporale, a corpi di Lewy, forme miste, ecc.
Epidemiologia: quante persone soffrono di demenza?
In crescente aumento nella popolazione generale, il Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità e di Alzheimer Disease International del 2012 (WHO 2012) l’ha riconosciuta come una priorità mondiale di salute pubblica: nel 2010, risultavano affette da demenza 35,6 milioni di persone, le proiezioni al 2030 stimavano 65,7 milioni e al 2050 115,4 milioni; ogni anno si registrano 7,7 milioni di nuovi casi (1 ogni 4 secondi) e la sopravvivenza media dopo la diagnosi è di 4-8-anni.
Recenti stime riportano tra il 2015 e il 2050 un incremento circa doppio in Europa e Nord America, triplo in Asia e quadruplo in Sud America e Africa (WHO 2015).
In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer).
Secondo il Rapporto sulla demenza 2018, a cura dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD 2018), il miglioramento nella raccolta dati per la demenza è riconosciuto come una azione chiave in una serie di programmi di intervento nazionali e piani strategici in diversi Paesi, tra cui Irlanda, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Finlandia e Messico.
Nonostante questi segnali, ancora pochi Paesi hanno sistemi di dati in grado di generare il tipo di informazione fondamentale per lo sviluppo di politiche basate sull’evidenza e misurazione dei progressi verso obiettivi definiti.
Fattori di rischio
Si stima che in Europa 3 milioni di casi di malattia di Alzheimer e quasi 900 mila casi di demenza vascolare siano legati agli stili di vita, e dunque prevenibili. In particolare, sono implicati sette fattori: diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo e basso livello di istruzione. Tra questi, l’attività fisica ha un ruolo non trascurabile.
Per l’Italia, è stata condotta un’analisi anche su base regionale utilizzando i dati Passi. Poiché i fattori agiscono congiuntamente e sinergicamente, anche l’eliminazione totale di tali fattori di rischio attraverso la prevenzione, non comporterebbe l’eliminazione totale dei casi a esso attribuiti, in quanto una parte verrebbe comunque determinata dagli altri fattori.
La Malattia di Alzheimer è la forma più frequente di demenza (50-60%); si tratta di una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale in cui si verifica una progressiva compromissione delle competenze cognitive, con l’instaurarsi di disturbi della memoria, del linguaggio, delle funzioni visuo-costruttive, perdita delle capacità di critica e giudizio e di ragionamento logico astratto e con gravi ripercussioni nell’ ambito lavorativo, familiare e sociale.
Tali pazienti già nelle fasi precoci di malattia cominciano a perdere la capacità di ricordare eventi della vita quotidiana (spegnere il gas, chiudere la porta di casa); hanno difficoltà nel denominare oggetti familiari, trovare la parola giusta o far quadrare i conti. In un periodo variabile da tre a dieci anni tali pazienti svilupperanno una grave forma di demenza, saranno incapaci di parlare, pensare e aver cura di se stessi.
Nello stadio terminale saranno confinati a letto ed il decesso sopraggiunge a causa di una delle complicanze che affliggono i pazienti allettati.
L’eziologia della Malattia di Alzheimer rimane sconosciuta, nonostante anni di indagine.
Diagnosi
Non esiste ancora un esame specifico per diagnosticare la malattia di Alzheimer. L’unico modo per avere una diagnosi certa di demenza di Alzheimer è l’identificazione delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, possibile solo post-mortem.
Durante il decorso della malattia, la diagnosi è il frutto di un percorso integrato composto da un’accurata raccolta anamnestica, una valutazione neuropsicologica approfondita ed un insieme di esami di laboratorio e strumentali (puntura lombare, Risonanza Magnetica cerebrale, TC cerebrale, SPECT cerebrale, PET cerebrale).
I deficit cognitivi devono essere confermati dai test neuropsicologici e la diagnosi viene formulata dopo avere escluso altre cause di malattia.
Raccomandazioni
• Gli autori raccomandano di ottenere valutazioni longitudinali della cognitività, ove possibile, per aumentare l’accuratezza della diagnosi
• Per monitorare il declino cognitivo, comportamentale e funzionale, si raccomanda che i pazienti che soddisfano i criteri per MCI o che lamentano persistentemente deficit cognitivi tornino per una nuova valutazione neuropsicologica e per la prosecuzione dell’iter diagnostico almeno dopo sei mesi
La valutazione dei sintomi comportamentali e psicologici è essenziale sia per la diagnosi precoce che per la gestione, e deve essere eseguita in tutti i soggetti con deterioramento cognitivo • I sintomi comportamentali devono essere indagati estesamente nel corso del colloquio con il paziente e con il caregiver, attraverso l’utilizzo di scale cliniche appropriate. La presenza di fattori scatenanti o esacerbanti (comorbidità, farmaci, dolore) dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione come possibile causa. Raccomandazioni dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP) e della Società Italiana Neurologia delle Demenze (SINDEM) sulla diagnosi precoce della Malattia di Alzheimer.
Secondo l’European Carers’ Report del 2018 in Italia i tempi della diagnosi sono in media di 1,6 anni. E’ importante la diagnosi precoce perché con le giuste terapie farmacologiche e i corretti trattamenti il malato può mantenere più a lungo le proprie capacità cognitive e possono essere migliorate le con dizioni ambientali di vita che permetteranno l’insorgenza più tardiva di eventuali disturbi comportamentali.
Linee Guida Alzheimer
Il National Institute on Aging e l’Alzheimer’s Association hanno aggiornato le precedenti Linee Guida del 1984 tenendo conto delle nuove conoscenze scientifiche acquisite, volte a migliorare la diagnosi, e distinguendo tre fasi della malattia di Alzheimer:
Nella fase preclinica, nel cervello avvengono cambiamenti, quali la formazione di placche di Beta Amiloide, ma non sono presenti evidenti sintomi clinici. Per la diagnosi possono risultare utili esami quali la Pet (Tomografia a emissione di positroni) o la scansione e l’analisi del fluido cerebrospinale. Non è conosciuta la percentuale di progressione da questo stadio a un Alzheimer conclamato.
La fase del Mild Cognitive Impairment (MCI o lieve decadimento cognitivo, definito dal DSM-5 come DNC lieve) è caratterizzata dalla comparsa di problemi di memoria che però non compromettono l’indipendenza del paziente. Per la diagnosi si ricorre alla PET e alla Risonanza magnetica cerebrale(MRI) che permette di individuare l’atrofizzazione di alcune aree cerebrali.
La terza fase coincide con la comparsa della malattia. Oltre alla perdita di memoria, si manifestano sintomi come la riduzione del vocabolario, lo scarso orientamento spaziale, l’incapacità di fare ragionamenti o di formulare giudizi. In questo caso il ricorso ad analisi strumentali serve soprattutto per avere una diagnosi certa e distinguere l’Alzheimer da altre forme di demenza.